Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Che cosa significa? Insieme all’art. 7, questo articolo regola la professione della religione in Italia; mentre tuttavia l’art. 7 si riferisce al solo cattolicesimo, data la sua rilevanza nella storia e nella società italiana, l’art. 8 si riferisce a tutte le altre confessioni ed esprime il principio del pluralismo religioso. In realtà, fino a quando nel 1984 il cattolicesimo non ha cessato di essere religione di Stato, questo principio era negato nei fatti.
Occorre prestare attenzione alla formulazione adottata dall’articolo: le religioni sono egualmente libere, a patto di rispettare la legge italiana, ma sono necessarie intese per regolare i loro rapporti con lo Stato. Lo Stato non riconosce quindi religioni “personali” o di gruppi che non dialogano con lo Stato. Sul contenuto dell’art. 8 si è espressa però la Corte costituzionale nel 1993: non è legittimo discriminare una religione, perché tutte le religioni rappresentano i bisogni religiosi di chi le pratica.
Ma perché...? Sulla base di questo articolo tutte le confessioni religiose possono essere professate in Italia. L’unico limite è rappresentato dal rispetto della legge italiana: quindi, per ipotesi, gli Aztechi, un’antica popolazione dell’America centrale, non potrebbero celebrare i loro riti religiosi perché essi implicano i sacrifici umani. Tuttavia, anche all’interno di questo vincolo, l’ordinamento italiano non ha ancora eliminato le disparità, perché distingue gerarchicamente fra la Chiesa cattolica, le confessioni dotate di intesa (Tavola valdese, Unione comunità ebraiche…), le confessioni riconosciute dalla legislazione sui culti ammessi (lo Stato riconosce circa 100 culti quali, per esempio, la Comunità greco-orientale ortodossa, la Comunità di fedeli di rito armeno gregoriano, la Chiesa evangelica luterana…) e quelle prive di riconoscimento (Chiese di Cristo, Chiesa cristiana millenarista, Chiesa cattolica apostolica…).
Ma è legittimo non riconoscere alcuni culti? In una società multietnica e multiculturale, come è oggi la nostra, il problema è molto più ampio di quanto non fosse al momento del varo della Costituzione, quando in Italia erano praticati pochissimi culti religiosi al di fuori del cattolicesimo.