Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Che cosa significa? Questo articolo garantisce ampiamente la libertà religiosa e quindi si ricollega alla parità riconosciuta dallo Stato italiano a tutte le religioni. La sua piena applicazione è stata possibile dopo che nel 1984 la religione cattolica ha cessato di essere la religione di Stato. Garantisce inoltre la legittimità di predicare la propria religione e di diffonderla.
Anche se la clausola “purché non si tratti di riti contrari al buon costume” pone un limite all’esercizio della libertà religiosa, si tratta di una restrizione lieve, perché interpretabile e mutevole nel tempo. Molto più restrittiva sarebbe stata una limitazione basata su ragioni di ordine pubblico.
È anche da notare che a partire da questo articolo e dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, la giurisprudenza ha iniziato a riconoscere al minore il diritto alla libertà di coscienza e di religione.
Ma perché...? Nei Paesi di recente immigrazione, come l’Italia, questo articolo è di particolare importanza, perché garantisce anche ai non cittadini il diritto di professare il proprio credo. In alcuni casi però l’esercizio di questo diritto ha generato molte polemiche, soprattutto quando ha dato vita a riunioni e manifestazioni che turbavano la vita quotidiana di molte persone: è stato il caso delle riunioni religiose della moschea di viale Jenner a Milano, salite alla ribalta della cronaca alcuni anni fa perché i fedeli musulmani occupavano i marciapiedi non trovando spazio nell’angusta moschea. In altre circostanze suscitano perplessità alcuni aspetti esteriori di religioni e culture giunte di recente in Italia, come il pugnale portato dai Sikh o il velo integrale di alcuni gruppi islamici. La problematicità di questi casi non è però legata alla mancanza di “buon costume”, ma a difficoltà di ordine pratico (gli spazi) o a incomprensioni culturali.