La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
Che cosa significa? L’art. 27 contiene i principi fondamentali dell’ordinamento penale italiano.
Il principio della personalità della responsabilità penale: ciascun individuo è responsabile solamente per le proprie azioni e, quindi, non può essere punito per un reato commesso da altre persone.
Il principio di non colpevolezza fino alla condanna definitiva: ciascun cittadino italiano è dichiarato non colpevole fino a quando non sia stata emessa la sentenza definitiva che accerta la sua responsabilità penale.
Il principio di umanità della pena: la Costituzione obbliga i legislatori a non approvare modalità di pena che siano lesive del rispetto della persona (ad es. pene corporali o forme di tortura).
Il principio della finalità rieducativa della pena: le pene non devono tendere solamente a punire chi si è reso colpevole di un reato, ma, se possibile, devono mirare anche alla sua rieducazione favorendone il reinserimento nella società.
L’Italia ripudia inoltre la pena di morte ed è stata promotrice di azioni internazionali finalizzate a estendere in altri Paesi tale rifiuto.
Ma perché...? La chiusura di una persona in carcere viene intesa dalla Costituzione come l’aspetto punitivo della pena, al quale deve associarsi un aspetto rieducativo: alla base di questo principio vi è la convinzione che il reato sia un errore che nasca da una disposizione individuale correggibile. È un tema che periodicamente viene discusso in Italia perché le carceri italiane sono spesso sovraffollate e troppo poco attrezzate per consentire una rieducazione, come rilevato anche dalla Corte dei Conti nel 2013.
Per contro, esistono varie esperienze di segno opposto, che spesso passano attraverso la pratica del lavoro: per esempio, in alcune carceri piemontesi viene impacchettato il caffè; sull’isola della Gorgona, vicino a Livorno, si producono prodotti enogastronomici; nel carcere di Bollate, alle porte di Milano, si insegna a gestire i cavalli. Si tratta di esperienze molto diverse dai pesanti “lavori forzati” ormai aboliti in Europa ma ancora imposti in altre parti del mondo.