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Articolo 33

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad essa piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Che cosa significa? L’art. 33 da un lato assegna alla Repubblica il controllo dell’insegnamento in Italia, dall’altro stabilisce varie forme di libertà.
Il primo comma dell’articolo mira a evitare che lo Stato possa dirigere – stabilendone gli indirizzi – le attività artistiche e la ricerca scientifica, e ribadisce il principio della libertà di insegnamento che consente al docente di svolgere la sua attività senza vincoli di natura religiosa, ideologica e politica, ma con l’obbligo di rispettare la libertà di opinione degli allievi.
L’articolo sancisce inoltre la libertà di istruzione. Lo Stato non detiene infatti il monopolio dell’istruzione: l’istituzione di scuole da parte di enti e privati è possibile, purché questo non comporti “oneri per lo Stato”; tali scuole devono però conformarsi a quelle statali, a tutela degli studenti.
Più libera è l’organizzazione delle università e delle accademie, fermo restando che essa non può essere contraria alla legge.

Ma perché...? Questo articolo legittima le scuole non statali o paritarie. A questo proposito, è acceso e ricorrente il dibattito sul loro finanziamento o meno da parte dello Stato. La locuzione “senza oneri per lo Stato” viene interpretata in due modi: un orientamento della giurisprudenza sostiene che esso impone il divieto di concedere qualsiasi forma di finanziamento pubblico alle scuole private; un secondo orientamento afferma invece che la locuzione esclude il finanziamento diretto dell’iniziativa privata, ma concede allo Stato la possibilità di sostenere gli istituti privati attraverso la concessione di facilitazioni fiscali o di forme di assistenza economica alle famiglie che optano per l’istruzione privata. Ma questo non sarebbe forse un finanziamento “occulto”? Secondo i sostenitori di questo secondo orientamento, no: tali facilitazioni e aiuti sarebbero “compensati” dal fatto che gli studenti delle scuole private alleggeriscono la scuola pubblica e non sono un costo per essa.

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