La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso.
Che cosa significa? L’art. 34 esplicita, per tutti i cittadini, il diritto di accedere al sistema scolastico: la reale effettività dell’istruzione dell’obbligo viene garantita dal fatto che questa è gratuita, mentre quella dell’istruzione superiore viene assicurata dalla concessione di “provvidenze” a chi è privo di mezzi (purché si dimostri capace e meritevole).
Le indicazioni presenti in questo articolo sono state riferite, in un primo tempo, alla sola scuola pubblica. Nel 1994, però, la sentenza n. 454 della Corte costituzionale ha ritenuto “ingiustificatamente discriminatoria” l’esclusione degli alunni delle scuole private dalla possibilità di ottenere una “provvidenza”.
Inoltre la Costituzione indica un numero minimo di anni (“almeno 8”), ma non un numero massimo. Nel 2005 il decreto legislativo n. 76 ha modificato – estendendola – la durata dell’obbligo scolastico, stabilendo che “la Repubblica assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età”.
Ma perché...? Nella società attuale questo articolo può sembrare obsoleto. Eppure per i Costituenti era di grande importanza perché essi vedevano nell’accesso alla scuola una possibilità di ascesa sociale. In altri termini, la cultura e l’istruzione erano intesi come un potente strumento per l’affermazione individuale. Ecco anche perché troviamo affermazioni circa la gratuità dei primi otto anni di studi e l’erogazione di aiuti ai meritevoli per gli anni successivi: questo diritto doveva essere effettivo.
Ma l’equivalenza tra formazione scolastica e ascesa sociale è ancora vera? Gli anni recenti, caratterizzati dal dominio dei mass media e della tv-spazzatura, dal lavoro precario e dalla disoccupazione, sembrano smentire questo principio: il successo pare spesso determinato dalla sola capacità di rendersi fenomeni mediatici, indipendentemente e spesso sfacciatamente in contrasto con capacità professionali e cultura. Eppure sta proprio nella formazione culturale l’antidoto che permette di sviluppare nei cittadini un rifiuto verso quei fenomeni mediatici che si reggono sulla curiosità altrui.