Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Che cosa significa? La Costituzione affida alle Camere un potere ispettivo. Il potere d’inchiesta rappresenta uno “strumento di governo della maggioranza”, anziché uno “strumento di garanzia delle minoranze”: questo perché le modalità istitutive previste dalla Costituzione rendono assai complessa l’istituzione di una commissione d’inchiesta sgradita alla maggioranza parlamentare.
Le commissioni d’inchiesta possono richiedere documenti da esaminare, disporre perquisizioni, ordinare intercettazioni e interrogare testimoni: durante la loro attività, quindi, le commissioni possono esercitare tutti i poteri assegnati ai giudici. L’oggetto d’indagine deve riguardare interessi collettivi come la sanità, la scuola o i trasporti, non le attività delle associazioni o la vita privata dei cittadini.
Ma perché...? Il potere d’inchiesta non fa parte del potere legislativo: è tuttavia di fondamentale importanza nella vita democratica, soprattutto quando si tratta di comprendere le dinamiche di eventi particolarmente gravi e drammatici. Le commissioni d’inchiesta possono essere istituite da entrambe le Camere. Fino a oggi sono state più frequenti le commissioni bicamerali, formate cioè sia da deputati sia da senatori: si pensi per esempio all’inchiesta sulla mafia del 1962, all’inchiesta sulla Loggia P2 del 1981 o all’inchiesta sul terrorismo e le stragi del 1988; più sporadico è stato invece il ricorso alle commissioni monocamerali: si pensi per esempio all’inchiesta sulla miseria del 1951 o all’inchiesta sull’incidente aereo del Cermis.