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Articolo 119

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

Che cosa significa? L’art. 119 – modificato con legge costituzionale del 18 ottobre 2001 – introduce l’autonomia finanziaria di spesa e di entrata non più esclusivamente per le Regioni, ma anche per Comuni, Province e Città metropolitane.
Per quanto riguarda le entrate, queste sono garantite dai tributi propri decisi dagli enti territoriali, definiti «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario»; dalla compartecipazione al gettito di tributi erariali (ciò prevede che una quota di alcuni tributi riscossi dallo Stato venga destinata agli enti territoriali); dai trasferimenti, ovvero da contributi erogati dallo Stato a quelle regioni «con minore capacità fiscale per abitante».
Circa le spese, l’art. 119 dispone che le tre entrate indicate sopra debbano essere in grado di finanziare l’esercizio delle funzioni degli enti territoriali: in via eccezionale, lo Stato può concedere risorse aggiuntive o interventi speciali volti a finanziare attività straordinarie.

Ma perché...? Le tasse che pagano i cittadini hanno dunque varie destinazioni: in alcuni casi finiscono direttamente nelle casse di un ente locale, in altri casi dello Stato. Dallo Stato poi possono essere trasferite agli enti locali.
Una parte dell'opinione pubblica sostiene che questo sistema penalizza i contribuenti più “generosi” perché buona parte delle loro tasse ha una destinazione diversa da quella di attività e servizi sul loro territorio di residenza.
Secondo un'altra parte dell'opinione pubblica, invece, proprio perché l'Italia è uno Stato unitario le tasse devono servire al benessere di tutti e non solo di alcuni. In ogni caso, l'attuale sistema nasce dalla progressiva concessione di autonomie agli enti locali, ma risente anche della crisi economica e delle scelte politiche che nel corso degli anni hanno portato a costanti cambiamenti nella definizione delle imposte locali.

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