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Articolo 41

L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Che cosa significa? L’art. 41 delinea un modello di economia mista, in cui l’iniziativa privata convive con quella pubblica: lo Stato, cioè, non si limita a individuare i limiti entro i quali può muoversi l’iniziativa privata, ma opera anche come proprietario o gestore di aziende.
La formulazione indeterminata dell’art. 41 ha dato luogo a numerose controversie interpretative, che hanno riguardato il rapporto tra l’enunciazione del principio “l’iniziativa economica privata è libera” e le indicazioni contenute nel secondo e nel terzo comma, che sono delle disposizioni di carattere limitante. Ma qual è il significato da attribuire alle espressioni “utilità sociale” e “fini sociali”? E qual è la “posizione costituzionale” del testo? Quella di garantire solamente la “libertà di iniziativa economica privata” oppure quella di stabilire una “norma generale” sull’attività economica? Come sappiamo, la Costituzione è nata da un incontro tra idee politiche e impostazioni economiche molto diverse: questa difficoltà interpretativa dell’articolo ne è forse la testimonianza.

Ma perché...? Per molti decenni in Italia, al pari che in altri Stati europei, sono esistite aziende di Stato, società pubbliche ecc.; in una certa misura esse esistono ancora anche se, a partire dagli anni Novanta, il ruolo dello Stato e degli enti locali (Regioni, Province e Comuni) nell’economia si è andato ridimensionando in seguito a un programma di privatizzazioni mediante il quale numerose società controllate dallo Stato sono state cedute ai privati. Spesso la ragione di tale scelta è stata il costo eccessivo e la scarsa redditività delle aziende; l’esistenza di aziende pubbliche falsava inoltre il libero mercato, perché lo Stato era nella duplice situazione di essere un proprietario di aziende ma anche il legislatore.
Va notato che in Italia si è fatta più consistente l’influenza del pensiero liberista, secondo il quale lo Stato non deve avere un ruolo attivo nell’economia, ossia non deve svolgere attività economiche, ma deve lasciare spazio al libero mercato ponendosi unicamente come tutore delle regole.

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