È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Che cosa significa? L’articolo stabilisce i limiti di uno strumento tipico della democrazia, il referendum. Chiamati ad approvare o no il mantenimento di una legge, i cittadini aventi diritto di voto si esprimono su una norma direttamente, anziché attraverso i loro rappresentanti. Secondo la dottrina, il referendum va inteso come “uno strumento di democrazia diretta”, insieme all’iniziativa legislativa popolare e alla petizione.
Alcuni argomenti, particolarmente tecnici, non sono soggetti a referendum. La sua validità è determinata dal numero dei partecipanti, il cosiddetto quorum, che deve essere superiore alla metà degli aventi diritto: se vota solo il 49,9%, il referendum non è dunque valido; inoltre i voti validi devono essere la maggioranza.
Inizialmente il referendum è stato concepito come uno strumento eccezionale, da usare in casi rari: doveva avere un “carattere eccezionale” ed essere “solamente abrogativo”; nel corso degli anni, la prassi politica ha finito per modificare l’istituto del referendum.
Ma perché...? In Italia il referendum non può essere propositivo, ma solo abrogativo: esso può chiedere solamente l’abolizione di una legge o della parte di una legge. Generalmente i sostenitori di un referendum hanno un’idea precisa della norma che vorrebbero: l’abolizione di quella esistente è lo strumento per favorire l’approvazione della legge da loro auspicata; in alcuni casi, l’abolizione di una parte della legge raggiunge il medesimo scopo.
Dal 1974 al 2005 si sono tenuti 59 referendum, suddivisi in 14 tornate elettorali: ciò ha fatto venire meno il carattere eccezionale dell’istituto. In alcuni casi i risultati dei referendum sono stati epocali: ad esempio quelli sul divorzio e sull’aborto, vinti dai referendari, che hanno portato al varo di leggi che regolano questi due diritti. In altri casi i referendum non hanno raggiunto il quorum richiesto e sono stati quindi senza esito.