Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
Che cosa significa? La Costituzione conferisce al Governo la facoltà di emanare, esclusivamente in situazioni eccezionali, provvedimenti provvisori aventi valore di legge: i cosiddetti “decreti-legge”. Essi sono soggetti a vincoli precisi di approvazione da parte del Parlamento: il provvedimento deve essere presentato immediatamente (“il giorno stesso”) alle Camere per la conversione; le Camere si devono riunire entro cinque giorni e hanno sessanta giorni di tempo per, eventualmente, convertire il decreto-legge in legge; le Camere possono inoltre emettere un giudizio di responsabilità, attraverso il quale censurare il provvedimento se “ispirato a criteri antiliberali e antidemocratici”.
Il decreto-legge è uno strumento legislativo controverso. Secondo alcuni esperti è un “valido atto normativo”, anche se limitato dalla necessità di essere “stabilizzato” attraverso la legge di conversione. Secondo altri è un “atto di per sé invalido, destinato, in caso di conversione, ad essere retroattivamente sostituito dalla legge di conversione”: si tratta dunque di un atto non valido, che diventa valido solo se convertito in legge.
Ma perché...? Come nel caso della delega della funzione legislativa al Governo, anche in questo caso il Parlamento sembra privarsi, sia pure in modo limitato, delle sue prerogative. La prassi si è sensibilmente discostata dalle norme contenute nell’art. 77, in quanto ha finito per conferire ai decreti-legge un valore di legge anche in caso di mancata conversione entro il limite dei sessanta giorni; inoltre è venuto meno il carattere straordinario di necessità e urgenza, poiché i decreti-legge sono stati utilizzati “per qualunque genere di intervento normativo”. Di fronte a questa situazione, la Corte costituzionale ha approvato alcune sentenze (la n. 360 del 1996, la n. 171 del 2007, la n. 128 del 2008) che hanno ricondotto la decretazione legislativa entro i confini stabiliti dall’art. 77.
Anche in questo caso, è il contrasto tra la lentezza dei tempi parlamentari e la velocità dei mutamenti sociali ed economici a determinare l’uso di queste forme di legislazione.